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Introduzione

Il deepfake non è più solo un fenomeno virale o una minaccia mediatica. Per i brand — soprattutto quelli di fascia alta — rappresenta un doppio volto: da un lato, un potenziale creativo straordinario; dall’altro, un rischio reputazionale senza precedenti. In un contesto dove l’identità è tutto, la possibilità di generare — o manipolare — contenuti realistici attraverso l’intelligenza artificiale impone una nuova domanda: come difendere il brand, e quando invece cavalcare l’onda?

Cos’è (realmente) il deepfake oggi

Il deepfake si basa su tecnologie di generative AI che permettono di:

  • Ricreare fedelmente volti, voci, gesti, ambienti.
  • Alterare video e audio esistenti in modo quasi indistinguibile dalla realtà.
  • Generare contenuti ex novo che sembrano veri, ma non lo sono.

Questa tecnologia, se regolata, può diventare uno strumento narrativo potente.

Opportunità: la creatività senza limiti

  • Campagne immersive in cui ambassador digitali (reali o generati) parlano lingue diverse o raccontano storie impossibili da realizzare con riprese classiche.
  • Restauro identitario: utilizzo controllato del deepfake per riportare in vita figure iconiche del brand (con autorizzazioni).
  • Esperienze interattive personalizzate: contenuti che cambiano faccia, tono, contesto a seconda del profilo utente.

Caso reale: Balmain e la modella digitale Shudu

Balmain ha lavorato con la modella generata digitalmente Shudu, utilizzando tecniche di CGI e deep learning per creare contenuti d’impatto senza dover ricorrere a shooting tradizionali. L’identità digitale è stata comunicata chiaramente, evitando ambiguità, e l’operazione si è posizionata come avanguardia estetica, non inganno.

I rischi (molto reali) per i brand di lusso

  • Falsificazioni dannose: deepfake di executive o testimonial che rilasciano dichiarazioni finte.
  • Erosione della fiducia: quando il pubblico scopre un contenuto manipolato senza disclosure.
  • Danni legali e reputazionali se la tecnologia è usata da terzi senza consenso.

Nel premium, dove l’identità è sacra, l’ambiguità è veleno.

Strategie difensive intelligenti

  • Watermarking biometrico e metadati invisibili per marcare contenuti autentici.
  • Monitoraggio continuo del web e dei social con sistemi AI per rilevare imitazioni.
  • Trasparenza proattiva: dichiarare l’uso di tecnologie deepfake, se impiegate.
  • Policy etiche interne: definire cosa è accettabile e cosa no.

Un brand forte sa anche quando dire no a certe forme di innovazione.

Conclusione

In LANGA Studios trattiamo i deepfake non come una moda da cavalcare, ma come un territorio strategico da mappare. Li integriamo solo quando aggiungono valore creativo e narrativo, mai per sostituire l’autenticità. Perché nel lusso, ogni pixel è una promessa. E ogni promessa deve essere protetta — con stile, rigore e visione.